Quando non c'è... - GRUPPO JONATHAN

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Quando non c'è...

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Quando non c'è più nulla da fare...

di don Antonio Torresin

"Questo è lo stralcio di un testo scritto dal nostro Parroco, don Antonio Torresin, in occasione della S. Pasqua.

Viene qui riportata una riflessione sulle amicizie interrotte,sugli affetti persi...."

Ho pensato a tutte le relazioni interrotte che hanno segnato la mia vita.

Ci sono quelle dovute semplicemente ai normali spostamenti che ciascuno deve affrontare: amici che non vedo da anni, compagni di scuola, fratelli e sorelle di altre comunità…. Sono così fragili i nostri legami, che sembrano non tenere il ritmo vorticoso della vita. Accetto che sia così, capisco che non posso farci nulla, che non posso tenere i contatti con tutti, ma mi dispiace se penso a quanta umanità, quanta vita scorre senza che noi se ne apprezzi il valore.

Poi ci sono i legami che si perdono a causa di fraintendimenti, di scontri non ricuciti, di divergenze di vedute che aprono solchi e creano distanze che poi non riusciamo a colmare. Con qualcuno ci perdiamo proprio mentre siamo vicini, perché non riusciamo a reggere – da una parte e dall’altra – il carattere perturbante e incontrollabile di presenze che paiono così diverse da noi. Capita tra fratelli, fin dall’inizio della storia, racconta la Bibbia. Queste sono perdite più difficili. L’aspetto critico non è solo il conflitto, il momento dello scontro o del fraintendimento. È anche il dopo. Reggere il silenzio, sostenere una distanza, accettare che non ci sia più niente da fare, sentirsi inutili e colpevoli. Perché non importa la conta dei torti e delle ragioni, su tutto prevale il dolore di una perdita, il dispiacere di aver lasciato che il male ci dividesse, che il nemico fosse più forte dell’affetto, che le nostre debolezze avessero la meglio sulla stima vicendevole. Quelle perdite spesso finiscono semplicemente per essere rimosse: facciamo finta di non aver incontrato, dimentichiamo per andare avanti. Quella rimozione però lascia un vuoto, fiacca l’anima, consuma le forze.

Infine ci sono le perdite dovute alla morte, che semplicemente rende definitivo ciò che nella vita sembra capace di infrangere le alleanze e le amicizie, i legami di sangue come quelli dell’anima. La morte non fa che rendere palese quello che già mille perdite volevano insinuare: che tutto finisce prima o poi, che neanche l’amore è eterno. È per questo che così spesso davanti alla morte di una persona cara ci sentiamo in colpa, soffriamo per tutto quello che non abbiamo fatto, ora che non possiamo fare più nulla.
In realtà in gioco non è solo qualche sorriso che potevamo donare e non l’abbiamo fatto, qualche telefonata in più o cose del genere: in gioco ci sono tutte le perdite che portiamo nel cuore, che segnano l’anima e il corpo come ferite indelebili anche se proviamo a cancellarle dimenticando.
Ma che cosa fare quando non c’è più nulla da fare?
A volte accettare di perdere è l’unico modo di non perdersi del tutto, anche quando non c’è più nulla da fare, molto ci è dato da credere, sperare, pregare, ricordare, intercedere perché l’amore non si arrende, perché la fedeltà anche inoperosa è potente, perché la vita dobbiamo custodirla con tenerezza, perché gli affetti e i legami chiedono il lavoro di una cura infinita perché la vita nuovamente germogli, perché l’amore vinca sulla morte.
 
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